Si prenda un pollo. Intero. Bello grandicello. Come me, ad esempio. Possibilmente già pulito, il che vuol dire lasciare il fastidio dell’abbattimento e dell’eviscerazione a terze persone.
Lo si cerchi con attenzione tra gli scaffali dei negozi e lo si blandisca fino a farlo arrivare a casa propria. Una volta giunto tra le proprie cose, si parta con un bel trito di spezie di propria scelta (termine tecnico: “dry rub”) selezionando magari aromi particolari da legare assieme al sale: paprika, pepe, peperoncino, kurkuma.
Aprite una lattina di birra (Guinness in questo caso) e iniziate a berne metà per creare un po’ di atmosfera. Si passino le dita nel trito di spezie e si massaggi prima l’esterno del pollo onde iniziare a rompere il ghiaccio, dopodichè quando le cose si fanno più intense si prosegua a massaggiarne l’interno.
Quando il pollo si fa inequivocabilmente morbido, si bagnino le dita nella senape e se ne massaggi l’esterno, senza trascurare nemmeno un centimetro di pelle (ehi, al pollo piace!) posando un ben dosato di mix di spezie e senape al suo esterno e un massaggio di spezie al suo interno. Le più audaci possono anche massaggiare sottopelle.
Si continui il massaggio fino a che il pollo si rilassa completamente e si instauri un rapporto di fiducia reciproca: dopodichè si prenda il pollo e lo si inculi ferocemente, impalandolo sulla lattina di birra precedentemente aperta e ancora mezza piena. Si ignorino le sue proteste e i suoi occhioni sgranati e lo si disponga in una teglia con patate e verdure di propria scelta.
Ignorando eventuali input di protesta dal pollo lo si chiuda in forno tre ore (o settimanette) a temperatura piuttosto bassa, un intorno dei 130 – 140 gradi. Non fatevi venire rimorsi di coscienza: al pollo le cotture lente piacciono, bisogna fare con calma perchè – diciamocelo – in fondo in fondo il pollo se lo è meritato. In teglia pochissimo olio, non serve.
Passate le tre orette controllate la temperatura interna del pollo infilandogli dentro l’apposito termometro (ormai vi guarderà con i suoi occhioni da pollo senza protestare nemmeno più) e controllate che abbia raggiunto almeno i 75 gradi. Sennò fatevi guidare dall’istinto, che secondo me siete tutti/e capaci/e di capire quando un pollo è cotto a puntino. A fine cottura insegnate al pollo chi comanda portando la temperatura a 220 gradi centigradi e passando al grill per pochissimi minuti.
Ponete termine ai supplizi del pollo togliendo la lattina da li’ e ignorate i suoi flebili lamenti, disponete in tavola e servite. Si accompagna alla birra di cottura (non quella tolta dal forno, una uguale tolta dal frigo) o, per chi avesse accesso a bottiglie dall’alto valore aggiunto, non disdegna un rosso elegante (nel caso in esame, una Bonarda Superiore), profumato e morbido.
E via, verso uno scintillante 2015 affrontato con una andatura tutta nuova, dinamica, giovane.