Pineta della mia città. Un sa30a è a correre con un’amica quasi coetanea, nell’eterna lotta tra Eros e Thanatos, Spirito e Materia, ma soprattutto Single e Tagliatelle Col Cinghiale.
Uno degli assiomi della corsa è “corri rilassato. Sei rilassato quando riesci a conversare”, e ossequioso alle regole di uno sport che non conosco ancora parlo. Parliamo. Delle nostre vite – ci conosciamo da un po’ – delle nostre storie. Di ex.
“poverina, quante gliene ho fatte” mi dice parlando di una sua ex.
Mi è salito il groppo al cuore, che quando stai cercando di correre non è precisamente il massimo della vita. E mi sono volati i pensieri.
Sono un giudice molto duro con me stesso. Il primo pensiero è stato rifarmi un esame di coscienza per chiedermi se ci sono persone nella mia vita a cui ho fatto sentimentalmente del male, o perlomeno, più male del necessario. Perchè le storie talvolta finiscono e in quel caso qualcuno che soffre c’è sempre, però c’è una sofferenza che è inevitabile e un’altra che può essere risparmiata.
Passato il necessario esame (ma mi riprometto di rifarlo con il cervello meno annebbiato dalla carenza d’ossigeno) mi sono scoperto a volare con la fantasia. Chissà se c’è qualcuno in giro per il mondo che pensando a me dice “oh, povero sa30a, quante gliene ho fatte”.
Mi sono sorpreso a pensare che le persone che potrebbero dire una cosa del genere in realtà sono quelle più incapaci di pensarla. E se fossi così anche io?
Esame da rifare. Accidenti a me, a Voltaire e alla logica.
Ah sì. Sì e ancora sì. Io sono certa che di me si pensi che non sia capace di pormela quella domanda. E invece no, santiddio, me la son fatta con tutto il corollario di mea culpa tra me e me, ché tanto non potevo tornare indietro a dirglielo, perché l’ho capito in differita di molto rispetto ai fatti.
Comunque vada io un colpo di telefono o un caffè per chiedergli scusa non lo scarterei. Anche se sono passati dieci anni. Magari quella persona è persa per sempre, e continuerà ad esserlo, ma tu vivrai più leggero.
Si, l’ho fatto una volta. Almeno, che mi ricordi di averlo fatto con quella chiara intenzione. E ho spiegato i miei perché. Quella volta è stato capito ed apprezzato. Un’altra invece un po’ meno capita e molto meno apprezzata. Va bè, ce ne (ri)faremo una ragione.
E poi non si pensa mai al fatto che le dovute scuse, anche dopo vent’anni, fanno la differenza. Magari chi ha “subito” ne ha bisogno, perché dopotutto è la persona a cui è stata portata via qualcosina in più, ed è come restituirgliela.