La Fetta di Fegato

Brevissimo post etimologico, visto che da più parti mi sono giunte voci perplesse circa il mio “sono una fetta di fegato”. Voci che potremmo serenamente riassumere in un coro di “ma che stai a dì?”.

Recap.

Lettrice: “gli uomini su cui fare un pensierino sono al 50% gay al 50% sposati con famiglia”
io: “e io sono una fetta di fegato”.

Devo ammettere, vi ho un po’ ingannato. O meglio, ho omesso qualche passaggio.

Il primo passaggio che vi ho omesso – anche se da qualche parte del blog ne ho dato accenno, troppo distrattamente affinché possa pretendere che qualcuno se ne ricordi – è la mia radicata affinità con la lingua della Perfida Albione, come diceva lo zio benito. Quindi è un modo di dire che viene da tutt’altra lingua. Stranamente, non è il latino.

Il secondo passaggio che ho omesso è che io parlo di fegato a fette, che è l’unico alimento sulla faccia della terra – assieme alla cannella, anche se con la cannella la faccenda non è così drastica – che vi tiro dietro.

Quindi: è un modo di dire anglosassone, più precisamente proveniente da una tradizione (credo ebraico-americana) che vede in tavola il fegato a pezzi. E la frase completa è “so what am I, chopped liver?” (trad. “e io che sono, fegato a pezzettini?”

Tradizionalmente il fegato a pezzettini (un incrocio tra il nostro patè – che pure mangio – e delle orride fette di fegato) è il classico accompagnamento, la seconda scelta, la cosa che in tavola c’è ma proprio perché c’è non la mangia nessuno.

Quindi, “so what am I, chopped liver?” dirà la giovane e bella pulzella sentendo i suoi amici lamentarsi che non ci sono più belle e brave ragazze disponibile, o anche uno come me a sentirsi dire che gli uomini su cui fare un pensierino sono o gay o già coinvolti in situazioni familiari.

Io l’ho solo italianizzato un po’.

Mi perdonate?