Io non ho paura
quando novello Serse
assalti le termopili
della residua mia virtù
spazzando via sprezzante
gli Opliti del PudoreE non avrò paura
se l’animo tuo ardente
gabella per poesie
testicoli un po’ buffi
nobilitàti (e male!)
con l’uso dell'”a capo”l’unico mio terrore
più del lampo e la tempesta
più del cielo che mi cade sulla testa
più della febbra che guasta il dì di festa
più del poeta privo di rime in -estail terrore di finire
nella categoria “pazze”
che lì, veramente,
mi girerebbero le ovaje.
sa30a
Ahahahahha Oddio non riesco a smettere di ridere 😀
Un’unico pensiero: tu singleatrent’anni sei troppo “sopra” a noi comuni mortali. La tua curiosità, la tua cultura, la tua invettiva, la tua poesia, di una cantabilità a volte spiegata, a volte melanconica, non potranno mai essere capite dalle testoline piccole e meschine delle esponenti del gentil sesso (s’intende salvo mia madre e mia sorella).
Un’unico consiglio: vola basso, sii superficiale, qualunquista, furbo e ignorante. E tromberai!
Provo per te (e per me) un misto di stima e di commiserazione.
Ti prendo e ti porto via.
Come Leònida alle Termòpili,
come si fa con le sìlfidi,
che sembran novelle amàzzoni
che i loro dardi scòccano.
Come mi gàrbano le sdrùcciole!
(o allora? O ammàzzami!)
Ti prendo e ti porto via
perché è una poesia
mica brodo di fagioli,
e se dei Crisma non ci son più olii
bisogna che finisca il mio poema
chè l’a capo, già si sa, è uno stilema.
Ma temo il consonante
ch’ora s’appressa innante,
ratto, rapido, fulminante
la frèva, dici, no, non scotto
massì, ciavrai almen trentotto e otto.
Non ho paura, no,
ma ti prendo e ti porto via
vorrei far la rima con Ammanniti
ma mi girano i santissimi
(sapessi come… uh, parecchio…)
@zobo77
“Un’unico pensiero” con l’apostrofo… Più raro che unico, direi…
Valerio di Stefano
Mamma mia…Questo mi riprende per “un’unico”.
Peccato per la sua filastrocca…Peccato per il “ciavrai” (che lo si capisce, vorrebbe essere ironico ma è solamente stupido), per la costruzione faticosa e scostante del verso (i critici direbbero “nervosa”, e invece è soltanto misera), per l’infelice alternarsi di lessico aulico, ricercato, involuto e momenti di disgustosa banalità. Legga Leopardi, Manzoni, Buzzati…E ricordi che il miglior modo per scrivere è quello di evitare i modi di dire imparati a scuola, i luoghi comuni, le frasi fatte, le citazioni auliche…Cominci umilmente a scrivere nella maniera più piana e discorsiva, semplice, quasi dimessa…Noi tutti ne saremmo felici
Vaghe stelle dell’Orsa…
Ma Zobo zeba?