Gli Anathema nascono come gruppo heavy metal, di una particolare sottocorrente chiamata “doom”, caratterizzata da suoni semplici, ripetitivi, melodici, pesanti ed oppressivi. Un punto di contatto tra gotico e oppressivo, il “romanico architettonico” del metal. Gli Anathema, come i Moonspell già citati, fanno bei dischi metal, mediocri dischi metal, e come al solito diventano grandiosi appena smettono di fare del metal.
“A Natural Disaster” del 2003 segna la maturazione dal doom all’emozionale, con forti capacità di introspezione sia musicali che liriche, e passaggio a texture sonore che sono un gradevole misto tra analogico e digitale, con una grande voglia di sperimentare in tutte le direzioni, pur mantenendo l’orientamento al se, all’oppressione del pensiero verso sè stessi, alla claustrofobia che ha caratterizzato gli anni della loro giovinezza.
Vi devo l’ascolto grazie alla telefonata di una bellissima persona – che essendo donna, ha prudentemente frapposto un migliaio di chilometri tra noi due, così, per non saper nè leggere nè scrivere – che stasera, al telefono, mi illumina con una frase che nella sua banalità mi ha colpito.
“Prendila come viene, singleatrentanni, altrimenti il peso dei tuoi sogni, del tuo guardare verso il futuro, sarà talmente forte che ti troverai schiacciato, in preda allo stress, e svuotato”.
Ha ragione. Da vendere.